mercoledì 12 gennaio 2011

FIAT - GLI ECONOMISTI RISPONDONO: SOLIDARIETA' ALLA FIOM

Giriamo in toto sul nostro blog l'articolo pubblicato sul web da Sbilanciamoci.info riguardante la risposta che 46 economisti, come primi firmatari, seguiti subito da molti altri, hanno voluto dare alla Fiat rispetto al cosidetto "piano Marchionne" e in solidarietà con la FIOM.

Fiat, lettera di 46 economisti: “Produrre e lavorare meglio, con democrazia. Solidarietà alla Fiom”

Il conflitto Fiat-Fiom scoppiato a fine 2010 sul progetto per lo stabilimento di Mirafiori a Torino – che segue l’analoga vicenda per lo stabilimento di Pomigliano d’Arco – è importante per il futuro economico e sociale del paese. Giornali e tv presentano la versione Fiat, sostenuta anche dal governo, per cui con la crescente competizione internazionale nel mercato dell’auto i lavoratori devono accettare condizioni di lavoro peggiori, la perdita di alcuni diritti, fino all’impossibilità di scegliere in modo democratico i propri rappresentanti sindacali.

Vediamo i fatti. Nel 2009 la Fiat ha prodotto 650 mila auto in Italia, appena un terzo di quelle realizzate nel 1990, mentre le quantità prodotte nei maggiori paesi europei sono cresciute o rimaste stabili. La Fiat spende per investimenti produttivi e per ricerca e sviluppo quote di fatturato significativamente inferiori a quelle dei suoi principali concorrenti europei, ed è poco attiva nel campo delle fonti di propulsione a basso impatto ambientale. A differenza di quanto avvenuto tra il 2004 e il 2008 – quando l’azienda si è ripresa da una crisi che sembrava fatale – negli ultimi anni la Fiat non ha introdotto nuovi modelli. Il risultato è stata una quota di mercato che in Europa è scesa al 6,7%, la caduta più alta registrata nel continente nel corso del 2010.

Al tempo stesso, tuttavia, nel terzo trimestre del 2010 la Fiat guida la classifica di redditività per gli azionisti, con un ritorno sul capitale del 33%. La recente divisione tra Fiat Auto e Fiat Industrial e l’interesse ad acquisire una quota di maggioranza nella Chrysler segnalano che le priorità della Fiat sono sempre più orientate verso la dimensione finanziaria, a cui potrebbe essere sacrificata in futuro la produzione di auto in Italia e la stessa proprietà degli stabilimenti.

A dispetto della retorica dell’impresa capace di “stare sul mercato sulle proprie gambe”, va ricordato che la Fiat ha perseguito questa strategia ottenendo a vario titolo, tra la fine degli anni ottanta e i primi anni duemila, contributi pubblici dal governo italiano stimati nell’ordine di 500 milioni di euro l’anno.

A fare le spese di questa gestione aziendale sono stati soprattutto i lavoratori. Negli ultimi dieci anni l’occupazione Fiat nel settore auto a livello mondiale è scesa da 74 mila a 54 mila addetti, e di questi appena 22 mila lavorano nelle fabbriche italiane. Le qualifiche dei lavoratori Fiat sono in genere inferiori a quelle dei concorrenti, i salari medi sono tra i più bassi d’Europa e la distanza dalle remunerazioni degli alti dirigenti non è mai stata così alta: Sergio Marchionne guadagna oltre 250 volte il salario di un operaio.

Questi dati devono essere al centro della discussione sul futuro della Fiat. L’accordo concluso dalla Fiat con Fim, Uilm e Fimsic per Mirafiori – che la Fiom ha rifiutato di firmare – prevede un vago piano industriale, poco credibile sui livelli produttivi, tanto da rendere improbabile ora ogni valutazione sulla produttività. L’accordo appare inadeguato a rilanciare e qualificare la produzione, e scarica i costi sul peggioramento delle condizioni dei lavoratori. Sul piano delle relazioni industriali i contenuti dell’accordo sono particolarmente gravi: l’accordo si presenta come sostitutivo del contratto nazionale di lavoro, e cancellerebbe la Fiom dalla presenza nell’azienda e dal suo ruolo di rappresentanza dei lavoratori che vi hanno liberamente aderito.

Il referendum del 13-14 gennaio tra i dipendenti sull’accordo, con la minaccia Fiat di cancellare l’investimento nel caso sia respinto, pone i lavoratori di fronte a una scelta impossibile tra diritti e lavoro. In questa prospettiva, la strategia Fiat appare come la gestione di un ridimensionamento produttivo in Italia, scaricando costi e rischi sui lavoratori e imponendo un modello di relazioni industriali ispirato agli aspetti peggiori di quello americano.
Esistono alternative a una strategia di questo tipo.

In Europa la crisi è stata affrontata da imprese come la Volkswagen con accordi sindacali che hanno ridotto l’orario, limitato la perdita di reddito e tutelato capacità produttive e occupazione; in questo modo la produzione sta ora riprendendo insieme alla domanda. Produrre auto in Europa è possibile se c’è un forte impegno di ricerca e sviluppo, innovazione e investimenti attenti alla sostenibilità ambientale; per questo sono necessari lavoratori con più competenze, meno precarietà e salari adeguati; un’organizzazione del lavoro contrattata con i sindacati che assicuri alta qualità, flessibilità delle produzioni e integrazione delle funzioni. E’ necessaria una politica industriale da parte del governo che non si limiti agli incentivi per la rottamazione delle auto, ma definisca la direzione dell’innovazione e degli investimenti verso produzioni sostenibili e di qualità; le condizioni per mercati più efficienti; l’integrazione con le politiche della ricerca, del lavoro, della domanda. Considerando l’eccesso di capacità produttiva nell’auto in Europa, è auspicabile che queste politiche vengano definite in un contesto europeo, evitando competizioni al ribasso su costi e condizioni di lavoro. Su tutti questi temi è necessario un confronto, un negoziato e un accordo con i sindacati che rappresentano i lavoratori dell’azienda.

In nessun paese europeo l’industria dell’auto ha tentato di eliminare un sindacato critico della strategia aziendale dalla possibilità di negoziare le condizioni di lavoro e di rappresentare i lavoratori. L’accordo Fiat di Mirafiori riduce le libertà e gli spazi di democrazia, aprendo uno scontro che riporterebbe indietro l'economia e il paese.

Ci auguriamo che la Fiat rinunci a una strada che non porterebbe risultati economici, ma un inasprimento dei conflitti sociali. Ci auguriamo che governo e forze politiche e sindacali contribuiscano a una soluzione di questo conflitto che ristabilisca i diritti dei lavoratori a essere rappresentati in modo democratico e tuteli le condizioni di lavoro. Esprimiamo la nostra solidarietà ai lavoratori coinvolti e alla Fiom, sosteniamo lo sciopero nazionale del 28 gennaio 2011 e ci impegniamo ad aprire una discussione sul futuro dell'industria, del lavoro e della democrazia, sui luoghi di lavoro e nella società italiana.

Primi firmatari

Margherita Balconi, Università di Pavia

Paolo Bosi, Università di Modena e Reggio Emilia

Gian Paolo Caselli, Università di Modena e Reggio Emilia

Daniele Checchi, Università Statale di Milano

Tommaso Ciarli, Max Planck Institute of Economics

Vincenzo Comito, Università di Urbino

Marcella Corsi, Università di Roma “La Sapienza”

Pasquale De Muro, Università di Roma Tre

Giovanni Dosi, Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa

Marco Faillo, Università degli Studi di Trento

Paolo Figini, Università di Bologna

Massimo Florio, Università Statale di Milano

Maurizio Franzini, Università di Roma “La Sapienza”

Lia Fubini, Università di Torino

Andrea Fumagalli, Università di Pavia

Mauro Gallegati, Università Politecnica delle Marche

Adriano Giannola, Università di Napoli Federico II

Anna Giunta, Università di Roma Tre

Andrea Ginzburg, Università di Modena e Reggio Emilia

Claudio Gnesutta, Università di Roma “La Sapienza”

Elena Granaglia, Università di Roma Tre

Simona Iammarino, London School of Economics

Peter Kammerer, Università di Urbino

Paolo Leon, Università di Roma Tre

Stefano Lucarelli, Università di Bergamo

Luigi Marengo, Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa

Pietro Masina, Università di Napoli "L'Orientale"

Massimiliano Mazzanti, Università di Ferrara

Marco Mazzoli, Università Cattolica di Piacenza

Domenico Mario Nuti, Università di Roma “La Sapienza”

Paolo Palazzi, Università di Roma “La Sapienza”

Cosimo Perrotta, Università del Salento

Mario Pianta, Università di Urbino

Paolo Pini, Università di Ferrara

Felice Roberto Pizzuti, Università di Roma “La Sapienza”

Andrea Ricci, Università di Urbino

Andrea Roventini, Università di Verona

Maria Savona, University of Sussex

Francesco Scacciati, Università di Torino

Alessandro Sterlacchini, Università Politecnica delle Marche

Stefano Sylos Labini, Enea

Giuseppe Tattara, Università di Venezia

Andrea Vaona, Università di Verona

Marco Vivarelli, Università Cattolica di Piacenza

Antonello Zanfei, Università di Urbino

Adelino Zanini, Università Politecnica delle Marche

Adesioni
Ferdinando Arzarello, Università di Torino
Mario Biagioli, Università di Parma
Maria Luisa Bianco, Università del Piemonte Orientale
Luigi Bosco, Università di Siena
Fabrizio Botti, Università di Perugia
Sergio Brasini, Università di Bologna
Sergio Bruno, Università di Roma “La Sapienza”
Gianluca Brunori, Laboratorio di studi rurali “Sismondi” di Pisa
Enza Caruso, Università di Perugia
Laura Chies, Università di Trieste
Guglielmo Chiodi, Università di Roma “La Sapienza”
Bruno Contini, Collegio Carlo Alberto Moncalieri, Università di Torino
Lilia Costabile, Università di Napoli
Simone D'Alessandro, Università di Pisa
Carmela D'Apice, Università di Roma Tre
Magda Fontana, Università di Torino
Marzia Fontana, University of Sussex
Mariangela Franch, Università di Trento
Stefania Gabriele, dirigente pubblico di ricerca
Luciano Gallino, Università di Torino
Alberto Gherardini, Università di Firenze
Mario Giaccone, Università di Torino
Fiorenzo Girotti, Università di Torino
Maria Carla Lamberti, Università di Torino
Achille Lemmi, Università di Siena
Mauro Lombardi, Università di Firenze
Mario Lovergine, ISIA
Adriana Luciano, Università di Torino
Agata Maida, Università di Milano
Gerardo Marletto, Università di Sassari
Ugo Mattei, Università di Torino
Luca Michelini, Università LUM “J. Monnet” di Bari
Alessia Miranti, University College of London
Lorenzo Mosca, Università di Roma Tre
Luigi Orsenigo, Università di Brescia
Guido Ortona, Università Piemonte Orientale
Ruggero Paladini, Università di Roma “La Sapienza”
Daniela Palma, ENEA
Francesco Paoletti, Università di Milano Bicocca
Marco Passarella, Università di Bergamo
Gabriele Pastrello, Università di Trieste
Marcello Pedaci - Università di Teramo
Riccardo Petrella, Università Cattolica di Lovanio
Francesco Petrini, Università di Padova
Paolo Piacentini, Università di Roma “La Sapienza”
Elena Podrecca, Università di Trieste
Monica Quirico, Södertörn University, Stoccolma; Università di Torino
Giorgio Rampa, Università di Pavia
Piera Rella, Università di Roma “La Sapienza”
Federico Ricci, Università di Modena e Reggio Emilia
Franca Roncarolo, Università di Torino
Annalisa Rosselli, Università di Roma Tor Vergata
Maria Laura Ruiz, Università di Pisa
Anna Maria Simonazzi, Università di Roma “La Sapienza”
Anna Soci, Università di Bologna
Luigi Spagnolo, Università per Stranieri di Siena
Giorgio Tassinari, Università di Bologna
Settimo Termini, Università di Palermo
Giuliano Tescari, Università di Torino
Matilde Trevisani, Università di Trieste
Giovanni Vaggi, Università di Pavia
Marco Valente, Università dell'Aquila
Roberto Veneziani, Queen Mary University of London

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