giovedì 11 marzo 2010

LA CGIL RISPONDE (CISL E UIL NO)

Riceviamo e pubblichiamo la risposta della CGIL alle nostre (e sopratutto vostre) numerosissime e-mail):

Egregi signori,

intanto grazie per la mail, che testimonia come la sensibilità verso le tematiche del lavoro e dei suoi diritti non siano assopite come invece si vorrebbe far credere da parte del governo.
La Cgil non ha mai cessato di battersi contro le disposizioni del governo, oggi purtroppo in attesa di essere pubblicate in gazzetta Ufficiale, dopo la definitiva approvazione del Parlamento.

Infatti fummo noi ad organizzare al Cnel nell’autunno 2008 un primo convegno contro le norme sul processo del lavoro, che ebbe l’effetto di ritardare e complicare, quanto meno, il percorso parlamentare della legge. Successivamente, nell’autunno 2009, promuovemmo un’ulteriore iniziativa con la nostra Consulta giuridica, cui seguirono la partecipazione ed il sostegno ad un’iniziativa degli Avvocati Giuslavoristi Italiani, e una raccolta di firme promossa dai migliori giuristi italiani, per finire con un’iniziativa congiunta con l’Associazione Nazionale Magistrati.

Finalmente, grazie alla nostra iniziativa la grande stampa prese coscienza di quanto stava maturando, e Repubblica intitolò sull’articolo 18: da quel momento si squarciò il velo, ma si era, per colpevole inerzia delle forze politiche, giornalistiche e culturali, all’ultimo atto del percorso parlamentare.

Noi, la Cgil, possiamo dire con fierezza e con il conforto di fatti inoppugnabili, che siamo stati i primi, e per molto tempo gli unici, a lanciare l’allarme sui contenuti delle nuove norme, così come ci è capitato spesso, ad es. sul Libro bianco “La vita buona nella società attiva”, pubblicato nel maggio 2009 dal Ministro del lavoro e passato sotto silenzio, ma che contiene gli intendimenti governativi che saranno messi a frutto nelle prossime settimane.

Adesso? Naturalmente utilizzeremo lo sciopero generale del 12 marzo per una denuncia alta e forte dello scempio che ci si accinge a perpetrare delle ragioni del lavoro, ma vi assicuro che serve molto di più di una denuncia:

- occorre informare le persone, cosa non proprio facile visto che la scure si abbatterà soprattutto su chi è alla ricerca del primo impiego;

- impedire la diffusione dei contratti certificati, che vi ricordo sono accordi individuali, per cui si ricade nel punto precedente;

- costruire una vertenzialità diffusa sui contratti con la clausola compromissoria e su quelli certificati, con possibili eccezioni di costituzionalità;

- impedire che la contrattazione collettiva, a qualunque livello, possa introiettare le nuove norme;

- e per finire, riaprire nel nostro paese una battaglia culturale che rilanci i diritti di chi lavora.

Sicuri di avervi al nostro fianco, vi inviamo cordiali saluti

Claudio Treves

Cgil nazionale

Cosa può fare un lavoratore precario?