venerdì 18 giugno 2010

POMIGLIANO? LOTTA DI CLASSE!

L'abbiamo espresso diverse volte sia in questo blog che attraverso il gruppo Facebook: non siamo comunisti, nel senso che pur considerando valide e quanto più attuali le tesi di Marx, non consideriamo corrette, visti anche i risultati storici, le soluzioni.

Ma come NON si può oggi, di fronte ad una classe imprenditoriale che pensa solo ed unicamente al profitto a tutti i costi e sopra ogni cosa e considera il lavoro come qualsiasi altro tipo di merce, ricominciare a parlare di lotta di classe?

Per questo proponiamo per intero l'editoriale, con cui non possiamo che ritenerci d'accordo, pubblicato sull'ultimo numero di Nuovasocietà scritto dal direttore della testata Diego Novelli:

Da: http://www.nuovasocieta.it/editoriali/6308-severamente-vietato-parlare-di-classi-.html

Non stiamo a menarcela tanto per il sottile: l'operazione Pomigliano, sin dall'inizio, aveva due obiettivi ben precisi. Mettere il grimaldello nella fessura dello stabilimento per scardinare tutta la normativa in vigore nel gruppo Fiat.

Il disegno, del signore che non usa la giacca, non è più un mistero. E non si tratta di una illazione. Il riscontro viene direttamente dalla cronaca sindacale de "La Stampa", la quale ha riferito di un'accesa assemblea svoltasi a Mirafiori "al Montaggio e alle Lastroferrature".
Gli operai hanno fiutato l'aria che tira e hanno affollato i due appuntamenti «in modo così numerosi come non si vedeva da tempo», scrive la cronista.

Il ricatto (o mangi questa minestra o salti dalla finestra) dell'omino in maglioncino scuro, messo in atto a Pomigliano era più che evidente. È la prima mossa di un progetto. Lo ha detto il giornale del padrone (si può ancora usare questa parola?): «Mentre i sindacati sono divisi incombe il rischio dei 18 turni, anche a Mirafiori». Vale a dire lavorare su tre turni di otto ore per sei giorni alla settimana, ritornando indietro nel tempo con il lavoro notturno, rinunciare alla mezza giornata di riposo al sabato, ridurre il tempo per la pausa pranzo, aumentare la velocità durante la produzione per meglio sfruttare gli impianti.

La chiamano flessibilità: sarebbe più onesto – come è stato detto in un'assemblea – definirla fessibilità per i lavoratori.

Ma tutto quanto detto dalla controparte è una conseguenza della globalizzazione, della mondializzazione, della concorrenza, della necessità di stare sul mercato.

L'uomo che dovrebbe essere posto al centro della ragion d'essere, cioè essere considerato dai signori della fabbrica il punto da cui partire per organizzare il lavoro e la produzione, diventa invece una piccola rotellina dell'ingranaggio che stritola tutti, che non conosce ragioni, poiché deve rispondere ai veri problemi: i bollettini della Borsa, della finanza, che ci ha trascinati nella «ristretta oligarchia finanziaria che impone – ha scritto Alfredo Reichlin su Il Fatto Quotidiano – la dittatura della spietatezza».

Un tempo che fu però il dirigenti del Pci (come lo è stato Reichlin) d'intesa con i sindacati non si limitavano a formulare suggestive analisi, ma sapevano indicare risposte, mobilitando non solo i diretti interessati che vivono ore di terrore difronte al diktat lanciato dal massimo dirigente Fiat, nei confronti del quale ancora poche settimane fa si genuflettevano sindacalisti, uomini politici e rappresentanti delle istituzioni.

Mi domando perché difronte ad una minaccia ricattatoria come quella di Pomigliano non è stato investito nel modo più forte il Parlamento, accontentandosi invece con la solita interrogazione "salva anima" del bravo Bocuzzi.

Perché difronte ai provvedimenti, che non riguardano solo i turni di lavoro, ma intaccano conquiste strappate dopo anni di lotte e di sacrifici, non si mobilita tutto il mondo del lavoro, tutte le altre categorie, poiché l'offensiva sferrata da Marchionne è destinata ad allargarsi con l'ausilio dei vari Brunetta e Sacconi.

Mettere in discussione i contratti nazionali significa avere mano libera in migliaia di piccole e medie fabbriche, abbandonando a se stessi quei lavoratori.

Solo un vecchio apostata come Bonanni, ora segretario generale della Csil, può sfrontatamente e con arroganza lanciarsi in una dura polemica con la Fiom che cerca con difficoltà di parlare alle coscienze e alle menti dei lavoratori consapevole però che esiste anche una pancia da riempire.
L'ex comunista Bonanni come tutti gli spretati ha sempre una parola di troppo, e troppo spesso ne dimentica qualcuna: lotta di classe.

Sì, signori miei, Pomigliano di tutte le implicazioni che comporta e che vanno ben aldilà del gruppo Fiat rappresenta il tipico scontro tra due classi: quella dei padroni e quella dei lavoratori.
Se nel finire dell'Ottocento, quando mia nonna a nove anni andava alla "filanda" per lavorare nove ore al giorno, fossero prevalsi i Bonanni dell'epoca saremmo ancora in quelle condizioni.
La gradualità, la mediazione, la moderazione sono strumenti utili, necessari: soltanto degli sprovveduti nel 1980, dopo i 35 giorni di sciopero e la marcia dei quaranta mila, gridavano "La lotta è dura e non ci fa paura".

Ed infine vogliamo ricordare che ci troviamo difronte ad una crisi mondiale che vede i padroni organizzarsi, traslocando le loro fabbriche dove il costo del lavoro è minore, le misure di sicurezza sono carenti, gli operai sono più deboli. Mi domando le ragioni della pressoché totale mancanza di iniziative sindacali a livello internazionale. Esistono ancora queste sezioni di lavoro nei sindacati?
A memoria incontri, manifestazioni di questa natura ne ricordo pochine, tanto che si possono contare sulle dita di una mano di un mutilato.

Il tutto accade mentre uno dopo l'altro i Paesi europei Olanda, Belgio, Gran Bretagna, Ungheria, vedono crescere la forza dei partiti di destra, reazionari, xenofobi, razzisti, che indicano quale male da combattere i lavoratori stranieri.

Perché la classe degli sfruttati non si fa sentire?
Perché il sindacato non promuove una grande manifestazione internazionale contro quello che oggi sta succedendo?

Sveglia compagni: l'idea di un mondo migliore, se Dio vuole, non è caduta con il muro di Berlino, tanto meno sono scomparse le classi con gli sfruttati e gli sfruttatori.

lunedì 14 giugno 2010

LA FORZA DEI CONSUMATORI

(Boicottiamo GS-CARREFOUR, specialmente quello di Pieve Emanuele -Mi-)

Giriamo con preghiera di diffusione a tutti i lettori l’email di un lavoratore che ci chiede aiuto per far conoscere la situazione che si è venuta a creare presso i magazzini del GS-Carrefour di Pieve Emanuele (Mi) rispetto alle richieste della dirigenza che intende alzare i ritmi di lavoro a 10-12 ore al giorno.

La cancellazione dei diritti fondamentali dei lavoratori inizia proprio con l’incremento dei ritmi e delle ore di lavoro. L’incremento di quelle 8 ore che sono state conquistate a fronte di grandi sacrifici e numerose lotte dei lavoratori di fine ottocento e inizio 900.

Per il rispetto di coloro che hanno combattuto e sono morti per darci quei diritti che oggi i poteri forti vogliono cancellare, noi tutti lavoratori, precari e non, non possiamo rimanere inerti e di fronte alle malversazioni di chi mette il “profitto” al di sopra dei diritti dei lavoratori dobbiamo reagire uniti e dire fortissimamente NO!!!

E’ indegno e vergognoso usare lo strumento della Cooperativa, nata con intenti illuminati, per far scontrare i lavoratori tra di loro; agire di nascosto, come fa GS-Carrefour, in modo da fomentare la “guerra tra i poveri” che si scannano tra loro in una lotta al ribasso fra trattamento economico e condizioni di lavoro sempre peggiori.

Di fronte a chi ha come unico dio ”il denaro” e unica bibbia “il mercato”, noi esistiamo in quanto “consumatori” e veniamo misurati rispetto alla nostra “capacità di consumo”. E visto che non possiamo essere trattati unicamente come uomini e donne ma appunto solo come consumatori oggi decidiamo di far valere la nostra forza “economica” chiedendo a tutti i lettori di BOICOTTARE gli ipermercati GS-Carrefour e in special modo quello di Pieve Emanuele (Mi) fino a quando i 70 magazzinieri non verranno reintegrati nel loro posto di lavoro alle condizioni di lavoro precedenti la protesta.

Perché se il profitto è ciò a cui loro danno maggiore importanza, nel profitto noi dobbiamo “toccarli”, boicottandoli in modo da decrementarlo il più possibile affinché si rendano conto della nostra forza e della nostra volontà!
Questo è l’unico modo pacifico che ancora ci rimane per lottare. Questo è l’unico modo utile che ancora abbiamo per far valere i nostri diritti. Ma tale metodo funziona solo se riusciremo ad essere tutti uniti in questo intento.

Per questo chiediamo con forza di girare, stampare, diffondere il più possibile questo messaggio, affinché questa lotta non sia vana, perché qui non si sta combattendo solo per i diritti dei magazzinieri del GS-Carrefour di Pieve Emanuele, qui si sta combattendo per i diritti di tutti i lavoratori italiani, per i nostri e per quelli dei nostri figli e se perderemo una maglia in più sarà aggiunta alla catena della schiavitù che i poteri forti ci stanno preparando.

Grazie per l'attenzione
Lo staff di
Aboliamo il Lavoro Precario

Di seguito la lettera:

Buonasera,
scrivo a nome e per conto di un gruppo (circa 70 persone) di lavoratori presso il magazzino Carrefour sito in Pieve Emanuele (Milano).

Da più di un mese è in atto una guerra tra i lavoratori e relativo sindacato e la cooperativa che gestisce il lavoro all'interno del magazzino, sfociata in uno sciopero da parte dei lavoratori.

Il problema è che la cooperativa, spalleggiata in questa sua azione dalla direzione del magazzino gs/carrefour, vuole alzare i ritmi di produzione per guadagnare di più, fregandosene altamente della salute dei lavoratori (provate voi a lavorare per 10 - 12 ore al giorno alzando pacchi anche molto pesanti e avendo una pausa di mezz'ora) e ora non vuole permettere a queste 70 persone di tornare a lavorare.

Hanno assunto personale tramite altre cooperative e agenzie interinali per sostituire questi lavoratori senza neanche dargli un'adeguata preparazione (praticamente li hanno "buttati allo sbaraglio") e tutto questo per puro capriccio e per un tornaconto personale.

Mi chiedo e vi chiedo, ora questi lavoratori che giustamente protestavano per avere condizioni migliori e più umane, come faranno a mantenere le loro famiglie?

Firmato
uno dei 70 magazzinieri GS-Carrefour

Per maggiori info:
http://milano.repubblica.it/cronaca/2010/06/09/foto/i_magazzinieri_in_catene_davanti_al_gs-4688784/1/
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/06/11/presidio-lavoratori-gs-vacanze-forzate-per-tutti.html
http://sionomagazine.blogspot.com/2010/04/assago-agitazione-sindacale-al.html
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/06/09/trattati-come-schiavi-in-catene-davanti-al.html

Cosa può fare un lavoratore precario?