Da dove nasce la rivoluzione? Perché il popolo si ribella al potere? Cosa spinge la gente a protestare nonostante il rischio di venire uccisa?
Sono domande che in questi giorni di proteste e di rivoluzioni in Tunisia, Egitto e Libia (e chissà quante altre ne seguiranno) ci facciamo osservando il comportamento dei popoli in rivolta.
La risposta potrebbe essere semplicemente che la rivoluzione nasce dal malcontento popolare (inteso come maggioranza del popolo che compone una nazione); il popolo si ribella perché probabilmente non ne può più di vivere la situazione che ha vissuto fino a quel momento (che sia sproporzionato aumento del prezzo dei beni di prima necessità, mancanza di pane, di libertà, di democrazia o altro); la gente rischia di morire perché la sua situazione è talmente disperata che il rischio vale la protesta (morire di fame o di tortura non è meno rischioso che morire durante una protesta).
Se queste sono le risposte corrette (e noi pensiamo che possano esserlo) ci domandiamo, portando il ragionamento in una sfera internazionale meno importante ma fondamentale per noi lavoratori italiani:
Perché i lavoratori precari italiani non fanno la rivoluzione? Perché non si ribellano al potere (o alle leggi che i politici hanno fatto per ridurli in schiavitù, che poi è la stessa cosa). Perché non rischiano facendo una rivolta?
Nel corso del tempo crediamo di aver dato alcune risposte su questo stesso blog (http://aboliamolavoroprecario.blogspot.com/2010/04/le-ragioni-dellindifferenza.html) ma vorremmo aggiungere ulteriori considerazioni riprendendo il paragone sopra menzionato e analizzando la situazione italiana:
- Il malcontento popolare è enorme. C’è un’evidente crisi della funzione dei partiti, ormai relegati a semplici commessi delle lobby di potere, che non agiscono più per il bene comune ma per interessi di parte quasi sempre a discapito della maggioranza della gente. La povertà è in continua crescita. Il lavoro occupa sempre meno persone e con sempre meno diritti. I salari sono fermi a 10 anni fa e oltre e i prezzi dei beni primari sono in continua crescita.
- Il popolo non vorrebbe più vivere questa situazione, sia politica che economica. Non siamo ancora arrivati a morire di fame ma stiamo velocemente esaurendo le risorse accumulate dai nostri genitori (e nonni) e tra pochi anni l’indebitamento delle famiglie italiane sarà insostenibile per la nostra economia che probabilmente ne rimarrà paralizzata.
- Per ora nessuno pensa che valga la pena di rischiare la propria vita per una rivoluzione (come già detto, nessuno oggi in Italia muore di fame) ma aumentano sempre più coloro che scelgono come protesta il non voto (e il 25% degli aventi diritto che non va a votare lo dimostra) che è come dire aumentano coloro che non credono più utile questa democrazia (non si vota perché si crede, evidentemente a ragione, che i partiti siano tutti uguali nel loro agire).
Se questa analisi, certamente semplicistica, è corretta possiamo dire che le similitudini tra noi e i popoli che si ribellano sono molte. Ci distingue il fatto che questi per il cambiamento, per la libertà, per il loro futuro e per quello dei loro figli sono disposti a rischiare la vita mentre noi non lo siamo.
Preso atto di questo ci rivolgiamo ai lavoratori precari di tutti i settori e a tutti i cittadini in generale:
NOI CREDIAMO FORTISSIMAMENTE CHE UNA RIVOLUZIONE SIA NECESSARIA. Perché il potere politico, il governo e i partiti politici tutti sono troppo compromessi con le lobby dei poteri forti e sarà per loro impossibile ristabilire gli equilibri tra lavoratori, datori di lavoro e finanza.
NOI VOGLIAMO FARE UNA RIVOLUZIONE. Ma vogliamo fare una rivoluzione democratica, oggi ancora possibile.
NOI VOGLIAMO ANDARE AL POTERE per cancellare il lavoro precario e ridare diritti e dignità ai lavoratori italiani e cambiare la politica cancellando i privilegi dei politici e avvicinandoli ai bisogni della gente comune. Noi vogliamo creare un’alternativa ai partiti tradizionali per tutto il popolo italiano e soprattutto per quel 25% che ha rinunciato a votare e a credere nella democrazia.
Ma l’unico modo di andare al potere democraticamente è fondare un partito, proporsi alle elezioni nazionali e farsi votare. Noi abbiamo intenzione di farlo! Ma per farlo abbiamo bisogno che voi crediate che sia possibile. I numeri sono dalla nostra parte: tra lavoratori precari e in nero siamo oltre 6.000.000 di persone; aggiungendo anche i familiari maggiorenni, i lavoratori non precari che comunque sostengono la lotta contro il precariato e tutti coloro che ritengono giusta la nostra battaglia potremo contare anche su numeri molto più ampi. Chi vi dice il contrario non fa che farvi il lavaggio del cervello a vostro discapito; a discapito del vostro futuro e quello dei vostri figli.
Perché siatene certi, se oggi esistono le condizioni per la nostra rivoluzione democratica domani non è detto che sarà possibile e se oggi nessuno di voi rischierebbe la vita per una rivoluzione, perché il pane non manca a nessuno, domani se continueremo di questo passo qualcuno potrebbe pensare che il gioco valga la candela. Ma noi vi chiediamo: perché arrivare a questo? Perché rinunciare alla democrazia (perché la Storia insegna che le rivoluzioni portano quasi sempre all’emergere dell’uomo forte e di conseguenza alla tirannia) quando oggi ancora è possibile cancellare questi partiti farabutti semplicemente togliendo loro il voto, aiutandoci a diventare partito e dandolo a noi?
Sosteneteci, credeteci, aggregatevi a noi, aiutateci a crescere e a fare questa rivoluzione democratica e pacifica, non ci rimane ancora molto tempo. Per farlo clicca qui e poi ACCEDI NELL'AREA PUBBLICA (link in alto nel sito) e AGGIUNGI i tuoi dati al nostro database. Ti contatteremo il più presto possibile in modo da informarti sui passi che ci porteranno a diventare un vero e proprio partito politico.
Grazie per l’attenzione
Lo staff di
Aboliamo il lavoro precario
Nessun commento:
Posta un commento