La nostra è una sorta di resa, ma non verso i famigerati poteri forti (lobby industriali, politiche, economiche-finanziarie, ecc.) che ancora non riescono a concepire il lavoro come possibilità di sviluppo sociale e individuale, ma come mera merce a cui dare un valore possibilmente più basso possibile, non vincolato alle reali necessità e molteplici sfaccettature fisiche e spirituali del soggetto che lo svolge, cioè l’essere umano.
No, non sono questi centri di potere che ci spingono alla resa. Ci arrendiamo invece agli stessi precari: al loro immobilismo, menefreghismo, egoismo e stupidità. Come scritto e detto mille volte, schiavi felici di essere schiavi. Ma anche schiavi che non riescono a guardare oltre il loro naso ciò che è sotto gli occhi di tutti; la distruzione di ogni stato sociale e la miseria come unica prospettiva di vita.
Noi ci abbiamo provato, con tutte le nostre forze, ad unirli in modo da combattere tutti insieme . Perché vedete esistono vari modi, più o meno efficaci, per ottenere ciò che si vuole. Alcuni pensano che basti postare su Facebook, twitter o sui vari altri social forum senza poi trasformare questa protesta virtuale in azione concreta. Altri credono che sia sufficiente manifestare in piazza, nella speranza che coloro che hanno il potere di prendere le decisioni notino il disagio e prendano provvedimenti (ma solo un ingenuo può credere che chi ha creato un disagio possa poi lavorare per eliminarlo).
Noi invece pensiamo, anzi siamo più che sicuri, che solo chi subisce sulla propria pelle, a discapito del proprio futuro e di quello della sua famiglia, possa avere la capacità di risolvere il problema che lo assale. Non basta però solo la capacità, è necessaria anche la voglia di risolvere il problema e soprattutto tanta consapevolezza nella propria forza, soprattutto se unita a tutti gli altri che questo problema lo subiscono. E sappiamo che sono milioni, siamo milioni.
E’ appunto mancata questa voglia e la giusta dose di consapevolezza, nelle proprie forze e nel proprio potere di massa. E così ora a risolvere il problema del precariato si troverà gente che da sempre lavora con i grandi gruppi industriali e finanziari. Gente che ha già espresso a voce come la pensa: il lavoro fisso è noioso, i precari sono dei bamboccioni, l’art. 18 va abolito o indebolito e vari altri insulti che in un qualsiasi altro paese civile avrebbero scatenato una rivoluzione violenta!
Ma si sa siamo in Italia e più ci viviamo più comprendiamo quanto questo meraviglioso popolo che abita questa splendida terra, reso egoista e disimpegnato da decenni di condizionamento mentale (Mediaset docet) abbia perso ogni speranza di rinnovamento e di maggiore equità sociale. Saremo condannati a diventare come quei paesi dove il 5% dei residenti detiene il 90% della ricchezza nazionale. Sparirà la classe media e in massa ci ritroveremo tutti molto, molto più poveri. E forse quando arriverà questo tempo, sempre e inesorabilmente più vicino, forse allora la gente capirà che sarà arrivato il tempo per dare POTERE AL POPOLO e si sveglierà e agirà per ripristinare quel diritto che in una nazione che si dice pienamente democratica, non può che essere rivolto agli interessi del popolo tutto (e non delle oligarchie).
Oggi questo non è possibile. Oggi non possiamo che fare nostro quel famoso detto che recitava: abbiamo fatto l’Italia ora bisogna fare gli italiani!
Firmato
Lo staff di
Aboliamo il lavoro precario
www.aboliamolavoroprecario.it